ATTENTATO
al
bene artistico più rappresentativo
di
Tropea
di Salvatore Libertino
Sono stati scoperti dal
sottoscritto il 25 luglio 2005, alle ore 0930 antimeridiane, gli effetti
di un vile attentato ai danni della tela più rappresentativa dei
beni artistici di Tropea: la Madonna della Sanità, che Giovanni
Angelo d'Amato dipinse nel tardo cinquecento, conservata nella Chiesa omonima
del Convento dei FF. MM., già dei Cappuccini.
Lo squarcio, provocato
volutamente dall'attentatore, che si è servito di un corpo appuntito,
attraversa la parte bassa della tela compresa tra le lettere che compongono
la firma dell'autore (IO ANGLO DE AMATO PI. (NXIT)) e lo stemma
nobiliare dei Tranfo, famiglia tropeana committente dell'opera. La linea
tracciata ha inizio con un grosso foro prodotto dalla forza impressa dalla
punta dell'oggetto usato, e percorre un tratto di almeno 40 cm. fino ad
arrivare nella parte dove è dipinto lo stemma.
Lo
squarcio che attraversa la parte bassa della tela
Si ignora da quanto tempo
sia stato consumato l'atto vandalico, tenuto anche conto che la parte della
tela danneggiata è nascosta a chi guarda l'altare maggiore dove
essa è compresa in una grande cornice.
Dell'accaduto è
stato avvisato Padre Mariano, solitamente a quell'ora presente all'interno
della chiesa, il quale ha voluto accertarsi dell'entità del danno,
accendendo le luci dietro l'altare e avvicinandosi quindi al dipinto. Durante
tale sopralluogo veniva fuori la scoperta di un secondo atto sconsiderato,
anche se involontario, che questa volta provocava una vistosa bruciatura
della parte bassa dello stemma e la conseguente distruzione in quel punto
della tela. L'immagine dello stemma rasenta la parte bassa della grande
e artistica cornice contenente il dipinto, sulla quale si notava una grande
quantità di cera fusa colata fino a terra e sulla stessa cornice
era poggiato un ramoscello appassito con un fiore. Si vede che qualche
persona devota alla Madonna della Sanità si era avvicinata all'immagine
dietro l'altare per collocare sul legno della cornice una candela accesa
che ha lasciato sul posto tracce di cera e la cui fiamma ha causato il
grave danno alla tela.
L'abitudine di accendere
ceri a distanza ravvicinata alla sacra immagine della Madonna della Sanità,
dettata dalla devozione dei tropeani, è testimoniata in una lettera
aperta pubblicata sul "Gazzettino di Tropea" del 20 gennaio 1908, dal cultore
di storia patria nonchè critico d'arte Enrico Moretti che illustra
al Prof. Guido Carrocci, Direttore di "Arte e Storia", lo stato di abbandono
e di incuria in cui giacevano i <<gioielli d'arte, specie di pittura,
che la nostra Calabria possiede, dispersi qua e là per le chiese
e i conventi>>. Quando viene descritta la situazione delle tele custodite
nelle chiese di Tropea, il Moretti leva un grido di dolore per quella conservata
nel Convento dei FF. MM.: la Madonna della Sanità di De Amato
il Giovine, <<spirante tutta una soavità murilliana>>, di
cui si osserva un deterioramento nella parte inferiore con evidenti crepe
oltre allo annerimento prodotto dalla continua accensione dei ceri <<molto
accosto alla tela>>. Ed è veramente significativo come oggi si sia
ripetuta quella dannosa abitudine, censurata in illo die dall'illustre
storico.
Padre
Mariano e il particolare delle tracce di cera e della bruciatura della
tela
La Chiesa della Sanità
venne eratta nel 1598 quando i Frati Cappuccini abbandonarono l'antico
loro sito in contrada Vicci per sistemarsi meglio al posto dell'ospedale
civile che si trovava fuori dalle mura della città. Essi fondarono
il loro convento con il titolo della Sanità. G. Galzerano donò
il suolo acquistato da Marco Fazzari per 360 ducati e la Baronessa Caterina
Tomacelli offrì la pietra occorrente alla fabbrica del convento
e della chiesa della Sanità. Giovanni Angelo d'Amato (Maiori, 1576
- 1615) firmò il dipinto La Madonna della Sanità posta
sull'altare maggiore della Chiesa di Santa Maria della Sanità, che
raffigura la Vergine Santa con il Bambino Gesù che dall'alto guarda
una turba di uomini attorno ad un malato che attende la guarigione; in
basso, in primo piano, pregano devotamente due santi frati. La tela, come
tutta la macchina dell'altare maggiore in cui è inserita, compreso
il tetto della chiesa, è stata commissionata da Alessandro Tranfo,
barone di S. Agata.
Il dipinto, restaurato
negli anni Settanta dal Prof. Gallo, è stato esposto alla Mostra
d'Arte che si tenne a Cosenza, allestita dalla Dr.ssa Maria Pia Di Dario
Guida nei locali dell'ex Convento di S. Francesco d'Assisi.